Lotto ogni giorno, ogni ora e ogni minuto con la morte. Non parlo di una morte qualsiasi. Parlo della morte di mia madre.
La morte ha sempre un nome, non è un concetto.
La morte è distacco, cesura, taglio netto.
La morte di mia madre è stato un momento di alta Poesia.
Il suo Volto si è illuminato.
Ma anche la Poesia, si sa, è dolore.
Mia madre coincide con la mia infanzia.
Mia madre amava la mia unicità.
Perderla è stato come perdere – definitivamente – la mia innocenza.
Quando penso alla sua morte, mi rivedo in Giobbe.
Mi arrabbio, e poi m’illudo che riposi dentro Dio.
Parlo di un’illusione piena, densa, quindi reale, vera. Dio è una grande utopia, e solo le utopie sono vere. Vorrei rivederla mia madre, abbracciarla.
E come d’incanto subentra il sogno. Nelle ultime tre notti l’ho rivista in tre lunghi sogni, uno via l’altro. Perché il sogno mi rinnova il dolore?
Perché ?
Perché tre volte ?
Perché tre sogni?
Trinità del sogno. Trinità di Dio.