domenica 23 settembre 2012

La catarsi è anche infantile

Anche i bambini – soprattutto i bambini – vivono al loro interno il conflitto con la realtà. Ciò che sta “fuori” è spesso sinonimo di buio, di oscurità.
Tale conflitto – incastrato in forma di sentimento ancestrale non solo nei grandi ma anche nei piccoli – ci annuncia ( tragicamente ) che siamo dotati di fragile umanità.
E la fragilità, si sa, cerca sempre le sue forme di “fuga”. Le categorie del “reale” ( come giunge a me , e solo a me , la realtà) e dell’ “immaginario” (come la trasformo dentro di me) ci dicono che siamo braccati , costantemente accerchiati.
Il bambino – che non è un robot e neppure una bambola – si protegge a modo suo dall’ invadenza della realtà.
Ecco perché piange.
Il pianto – anche per lui – rappresenta una catarsi metodica. Una via di liberazione.
Le lacrime sono la materializzazione di un disagio radicato e radicale, indelebile.E’ assolutamente normale che un bambino pianga. E’ un suo diritto.
Il nostro dovere consiste nell’offrire a lui uno spazio effettivo e affettivo per poterlo fare liberamente, senza ulteriori incursioni e invasioni.
A noi – ai grandi – spetta il compito, poi, di “consolare”. Non dobbiamo commettere l’errore di bloccare il pianto di un bambino, questa è infatti la sua catarsi poetica contro il mondo.
Diamo a lui un tempo onesto per piangere, troviamo in noi un tempo onesto per consolarlo.